*Questo è il secondo pezzo dedicato all’Associazione sportiva La Drôla. Potato Pie Bad Business ne racconterà la storia e rifletterà su questa fortissima umanità, quella che ci mette di fronte questa squadra. Ogni settimana un pezzo; come ogni sabato la partita. Senza un obiettivo vero – sarebbe pretestuoso -, se non un carotaggio sulla detenzione e su come, da uomini, possiamo vivere con altri uomini. Al fondo di ogni pezzo un indice di quelli precedenti.
Sin da ora, per tutti quelli che seguiranno, un grazie a Walter, Mauro, Eliana, Andrea, Emiliano, a chi rende possibile l’uscita di questo pezzo e che si riconosce in questo scarno ringraziamento, e in quelli che verranno.
La giornata è di quelle autunnali e torinesi. Alle due, davanti al carcere, un autobus al suo capolinea aspetta che qualcuno ci salga. Il sole è altissimo, riesce a scaldare le ossa. Con l’andare delle ore poi diventerà freddo; e il disco astrale si nasconderà, filtrato dall’abituale velo grigio che ricopre il Piemonte in questi mesi. E’ strano e particolare che ogni articolo che parla di qualcosa di duro e d’imponente inizi sempre con la descrizione del clima. E’ un tentativo di contestualizzare un sentimento, in realtà. Di prendere la giusta distanza dal problema, una sorta di preliminare, come era l’accendersi la pipa per qualche scrittore inglese dell’Ottocento. Il carcere è davvero brutto, e non è il caso di cercare aggettivi più circospetti o precipui. Il cemento armato e i rinforzi di ferro annegati, come ossa scarnificate, sono visibili e spuntano crudi dalle spelature angolate degli edifici.