Film carini – To Rome With Love, Woody Allen (recensione)

Più che girare semplicemente un film in Italia (cosa che ha sicuramente fatto), Woody Allen sembra voler provare a girare un film italiano, anzi, all’italiana: Penelope Cruz è praticamente una citazione della Sophia Loren dei tempi d’oro (penso a Ieri, oggi, domani), i luoghi sono quelli de La dolce vita e l’episodio di Albanese riprende Lo sceicco bianco.  Anche i costumi sembrano richiamare ironicamente l’abbigliamento di quel periodo, nonostante si evinca da alcune battute che il film è ambientato ai giorni nostri.

La Roma che vediamo è finta, è come se fosse un sogno mitico, oggi, in una Roma eterna, fuori dal tempo. Allen conosce l’Italia (evidentemente) solo tramite il cinema e la Storia, e sforna un prodotto che, visivamente, ricorda molto le due miniserie televisive dei Vanzina Anni ’50 e Anni ’60 – con cui condivide  un elemento del cast, ovvero l’attore che interpreta l’autista di Leopoldo – anche per gli elementi portanti di costruzione della situazione comica. Questo è evidente soprattutto in alcuni passaggi (come la sequenza nella stanza d’albergo di Luca Salta, o la dinamica da cui prende vita l’episodio che vede protagonista Alessandro Tiberi), in cui l’equivoco, la menzogna e la risata grassa e spensierata che ne consegue sembrano tratti dai migliori Vacanze di natale – giuro che non lo dico per sminuire, ma solo per individuare il genere; del resto io adoro Vacanze di Natale, Vanze di Natale ’95 e Merry Christmas (quello ad Amsterdam).

All’interno di questo genere, nobilissimo, Allen si muove con astuzia, riuscendo ad alternare le fasi di più pura commedia all’italiana a momenti più sofisticati. L’alternanza è data soprattutto da Jerry, il personaggio interpretato da lui stesso con il quale ritornano in primo piano le ironie psicanalitiche e pseudo-colte dello storico Provaci ancora Sam. Anche la disillusione e il determinismo del “grillo parlante” Alec Baldwin ritrovano lo stile del solito Allen, ma inserite in un contesto giovanile diventano meno radicali e assumono quasi la diffidenza del cogliere l’attimo senza farsi fregare (mentre in Basta che funzioni, ad esempio, certi meccanismi portavan a stabilire una certa futilità della vita, con la quasi inutilità di vivere i singoli momenti nel modo più intenso).

Il film è piacevole e, a tratti, divertente (diciamo che c’è una scena centrale esilarante per ogni episodio). Buona la prova, seppur breve, di Riccardo Scamarcio, mentre confermo la mia antipatia per Alessandra Mastronardi, ma forse è colpa del personaggio.  L’esperimento è ben accetto, ma la sensazione è che Allen, ora che ha fatto il suo ultimo giro in Europa, dovrebbe prendersi un po’ di tempo e, con calma,  realizzare un vero, ultimo capolavoro.

P.S. Ringrazio a nome di Alitalia e dei salumi Beretta il regista per la gestione spudorata del product placement.

Giancarlo Mazzetti

4 pensieri su “Film carini – To Rome With Love, Woody Allen (recensione)

  1. Mi dispiace, Gianca, ma non posso condividere la tua opinione questa volta. Sono uscito dal cinema con la sensazione di aver buttato via tutti i 7,50 Euro messi nelle mani della cassiera con quest’ultima fatica del clarinettista. Il film, per quello che mi ha lasciato, si dimostra un’accozzaglia di luoghi comuni e stereotipi americani sull’italianità, che dovrebbero essere contestualizzati apposta alla situazione romana. Invece, il film potrebbe essere stato girato a Napoli e non cambierebbe nulla. Episodi slegati tra loro, alcuni letteralmente incomprensibili come l’elogio della fama di Benigni, non rendono affatto piacevole la visione. Le situazioni risultano forzate e assolutamente pressapochiste, basta dare un’occhio alle mogli dei vari protagonisti e ai loro costumi: buone circa 30 anni fa, anacronistiche oggi. La sensazione è che Allen abbia volutamente girato un film americano per americani, in questo suo ultimo giro europeo. Assolutamente insufficiente. Diciamo 5- .

    Tuo,

    Agostino

    • Caro Agostino, eccezionalmente difendo il Gianca: credo che il paragone con Anni ’60 voglia sottolineare proprio la rappresentazione stereotipata dell’Italia, oltre che l’uso di costumi dèmodè. Per il resto voglio illudermi (per non dare fuoco al cinema Apollo) che i fastidiosissimi luoghi comuni del film prendano in giro la visione americana dell’Italia, e non gli italiani. Altra cosa seccante è la scelta di due attori con un accento romano devastante per il ruolo degli emigranti del nord. Il solito pressappochismo ammeregano…

    • Sì, attenzione. Non vorrei passasse l’idea che a me questo film sia piaciuto; la dicitura film carini è da interpretare come “film non brutto, ma non per questo bello”. Ad ogni modo la questione degli stereotipi è vera, ma non l’ho considerata un “difetto di fabbricazione” perché è talmente marcata da sembrare un scelta (a meno che non si voglia ufficialmente dichiarare Woody Allen defunto). Credo che lui utilizzi quegli stereotipi per inserirsi volutamente in un certo tipo di contesto “italiano”, che li scelga per giocarci (magari per criticare proprio la visione USA dell’Italia, o magari per criticare il cinema italiano, o magari perché era l’unico modo che conosceva per stare a Roma un mese spesato dalla casa di produzione)…

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