Taccuino del gallerista italiano.

Lia Rumma MIlano

C’era una volta una generazione chiamata avanguardia. C’era una volta una cosa chiamata militanza. Due parole faticose e molto idolatrate, agognate. Ma quegli anni sono passati, e chi ne fa parola ora può essere un nostalgico che ha vissuto – ma non imparato – oppure un giovanotto che poco ha a che farne. In ogni caso citarle, se non per riferircisi in termini storici, ha poco senso. Innanzitutto per la distanza, ed anche per l’approssimazione che non si può che avere nella contemporaneità rispetto a concetti che fondevano necessità ideologica a prassi metodologica. Oggi nessuno milita più: è una caratteristica dei nostri anni.

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Abbecedario della forma – C come Cartone.

Lettera per lettera.

L’abbecedario è il primo libro che ho avuto. Forse per questo quando Pinocchio esce di casa con la mela ed il favoloso volume sotto il braccio mi sono sentito un ragazzino normale. L’ho letto e l’ho riletto per il corso dei primi anni di elementari, l’ho pasticciato come tutti i bambini, e poi l’ho dimenticato. Non sono neanche sicuro si usi ancora. A distanza di anni, quasi certo che altri metodi didattici si siano distinti e l’abbiano sopraffatto, ho ritrovato questo dispositivo organizzato e didascalico sui banchi delle librerie, nella mia piccola biblioteca, attraverso le case editrici più diverse. Ora è cresciuto. Ha tratti fisiognomici decisamente adulti, ruvidi, non levigati ma spaccati, scheggiati, angolari. La faccia legnosa e spigolante di un giovane Czesław Miłosz lo accompagna, il suo abbecedario. E così questa lista non gerarchica di elementi è una scelta arbitraria; non un vocabolario ma una cintura, un rosario da sgranellare. Ed è quello che farò io. Morsicando la mela che da anni ho dimenticato insieme alla cartella, stenderò il mio abbecedario. Ma non libero. Un abbecedario dei materiali dell’arte. Un abbecedario della forma, di quella componente che è una radice, è una parte, un tutt’uno distinto all’occhio ma indistinguibile alla vita. Questo è il mio abbecedario.

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Abbecedario della forma – C come Carta

Lettera per lettera.

L’abbecedario è il primo libro che ho avuto. Forse per questo quando Pinocchio esce di casa con la mela ed il favoloso volume sotto il braccio mi sono sentito un ragazzino normale. L’ho letto e l’ho riletto per il corso dei primi anni di elementari, l’ho pasticciato come tutti i bambini, e poi l’ho dimenticato. Non sono neanche sicuro si usi ancora. A distanza di anni, quasi certo che altri metodi didattici si siano distinti e l’abbiano sopraffatto, ho ritrovato questo dispositivo organizzato e didascalico sui banchi delle librerie, nella mia piccola biblioteca, attraverso le case editrici più diverse. Ora è cresciuto. Ha tratti fisiognomici decisamente adulti, ruvidi, non levigati ma spaccati, scheggiati, angolari. La faccia legnosa e spigolante di un giovane Czesław Miłosz accompagna il suo abbecedario. E così questa lista non gerarchica di elementi è una scelta arbitraria; non un vocabolario ma una cintura, un rosario da sgranellare. Ed è quello che farò io. Morsicando la mela che da anni ho dimenticato insieme alla cartella, stenderò il mio abbecedario. Ma non libero. Un abbecedario dei materiali dell’arte. Un abbecedario della forma, di quella componente che è una radice, è una parte, un tutt’uno distinto all’occhio ma indistinguibile alla vita. Questo è il mio abbecedario.

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