Paul Auster nasce a Newark, nel New Jersey, esattamente come Philip Roth, ma nel 1947. È autore de L’invenzione della solitudine, Trilogia di New York, composta da Città di vetro, Fantasmi e La Stanza Chiusa e altri bei libri di cui in questo momento non ci interessa ricordare i titoli.
Chiudi il libro a pagina 314, la sensazione agrodolce delle ultime due pagine e della copertina di cartoncino morbido è, appunto, agrodolce. Non è una di quelle menate sul fatto che ti dispiace aver finito un libro, perché oramai ti senti in relazione coi personaggi e ci vuoi tanto bene e non vorresti che ti lasciassero mai più. No.
Paul, carissimo Paul, tu vuoi proprio farmi saltare i nervi. Andiamo, vagamente, per gradi.
Inizi, maledetto, con un meta-trucco di meta-fiction e sai, perché lo fai apposta, sai di avere la mia attenzione di lettore stupidamente e morbosamente affascinato da tutto ciò che sta sopra o dietro lo strato narrativo. Sai che, quando, in un romanzo di Paul Auster, tutto l’ambaradan si apre su uno scrittore di romanzi polizieschi che riceve La Telefonata della Disperazione da un tizio che cerca Paul Auster, hai vinto. Bella mossa. Continua a leggere