Film belli – La parte degli angeli, Ken Loach (recensione).

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Recensione di Emiliano Dal Toso.

Può darsi anche che sia il cantore della classe operaia, il punto di riferimento delle rassegne cinematografiche che si tengono nei circoli della ex-Rifondazione Comunista piuttosto che nelle Camere Del Lavoro dei sindacati. Ma se facesse il calciatore, Ken Loach sarebbe un centravanti, un numero 9, quello tutto muscoli e potenza che butta giù a forza di spallate i difensori avversari. Quello che sfonda la rete, un Didier Drogba del cinema inglese. E il numero 10, l’assist-man, sarebbe certamente il fidato sceneggiatore Paul Laverty, che gli offre sempre palle al bacio, deliziosi sieri al melograno, che profumano a volte di dolorose verità, altre volte di riscatto sociale. La Parte Degli Angeli è un meraviglioso passaggio smarcante alla Gianfranco Zola, semplicità e talento, che soltanto un brocco potrebbe calciare fuori dalla porta. I movimenti di Ken in area di rigore saranno pure prevedibili ma sono sempre dannatamente efficaci.

Il protagonista è Robbie, disoccupato, rappresentante di quella feccia scozzese “fatta” di alcool-dipendenti, tossici, spacciatori. O, più semplicemente, di ignoranti, sempliciotti, ingenui, criminali da strapazzo. Si trova costretto a svolgere lavori socialmente utili insieme ad alcuni suoi simili, dopo essere stato condannato per rissa dovuta a futili motivi. Nel frattempo, la fidanzata ha partorito un bel bambino e il suocero lo vorrebbe vedere morto o, almeno, esiliare a Londra. Grazie a Harry, il generoso assistente che deve badare alla combriccola di simpatici bruciati, scopre di avere un incredibile olfatto per riconoscere un buon whisky. Un talento sorprendente che porterà il gruppo a far conoscenza di un whisky rarissimo, dal valore inestimabile, che sta per essere bandito all’asta. Dal momento che il lupo perde il pelo ma non il vizio, perché non provare ad impossessarsi del liquore che potrebbe dare finalmente una svolta alle loro vite?

la_parte_degli_angeli 2Non è la prima volta che Loach utilizza un registro più leggero, a tratti comico, per raccontare le vite dei suoi personaggi. Lo aveva già fatto ne Il mio amico Eric ma, a dir la verità, tutta la sua filmografia è piena zeppa di piccoli esilaranti frammenti. Una leggerezza che è dettata dall’affetto che il regista prova nei confronti della sua “riff raff” (gentaglia). E’ da un po’ di tempo a questa parte, però, che Ken ha abbandonato il vero e proprio cinema di lotta, quello social-politico al quale di solito viene più o meno giustamente accostato. Non erano certamente caratterizzati da ideologie marxiste, infatti, nè In questo mondo libero nè L’altra verità (forse, i film meno amati dai “loachiani” della prima ora). E non lo sono nemmeno Il mio amico Eric La Parte Degli Angeli. Entrambi appaiono più come la rappresentazione “favolistica” di un altro mondo possibile. Quasi un modo per esorcizzare le ingiustizie che contribuiscono a tenere sempre più distanti e lontane le classi più povere da quelle più ricche.

Ridere per non piangere, insomma. Come se, a un certo punto, il centravanti si fosse reso conto che sono passati troppo anni senza riuscire a vincere, e si fosse deciso a chiudere la carriera in Cina o negli Emirati Arabi. Come se si fosse reso conto che il calcio, come il cinema, non può cambiare il mondo ma può soltanto rendere un po’ meno faticosa l’esistenza. Può regalare qualche emozione, qualche sorriso in più. Senza, però, mettere mai in dubbio da che parte stare. Anche nelle favole.

4 pensieri su “Film belli – La parte degli angeli, Ken Loach (recensione).

  1. Perchè si devono usare metafore calcistiche anche per Ken Loach. E’ possibile una vita senza calcio. Perchè politici, scrittori, attori, registi devono spesso far finta di tifare per qualche squadra per essere accettati dall’opinione pubblica. Perchè parlando di calcio non si fanno metafore sul cinema italiano degli anni ’30 e su Assia Noris ed Amedeo Nazzari. Si potrà mai arrivare a dire in tv: ” a me del calcio non mene frega un cazzo”?
    Ken Loach è bravo
    Fabrizio

  2. smettiamola di considerare il calcio roba da barbari, per cortesia. io vado a san siro, al cinema, a teatro e all’auditorium. chiunque abbia qualcosa da ridire su una sola di queste attività è un poveretto. GB

    • Sono contro le metafore calcistiche che ci stanno appestando. Per quanto riguarda il calcio (e lo sport in genere) il discorso è molto più complesso e non mi va di affrontarlo.

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