Vertice Europeo a Bruxelles: incontro decisivo?

L’impressione che ho avuto in questi ultimi giorni è che in Italia si stia parlando un po’ troppo (e, soprattutto, con troppa enfasi) del vertice che si terrà oggi a Bruxelles, alla presenza dei signori Mario Monti, Angela Merkel, Francois Hollande e Mariano Rajoy (citati in ordine sparso).

Da un lato, il motivo per cui ciò avviene è la faciloneria di qualche pseudo-giornalista e/o sedicente intellettuale, il quale, notando con sopraffino spirito di osservazione che stasera ci sarà anche la semifinale di calcio Germania-Italia, si lancia da giorni in brillanti parallelismi tra Mario Monti e Mario Balotelli, tra la sfida calcistica e la sfida economico-politica, facendo la fortuna (come un pesce appeso all’amo) dei vari uffici stampa di Euro 2012.

Sebbene questo rimanga un notevole elemento di folklore, c’è anche         un’ altra ragione – forse più pratica – per cui questa enfasi potrebbe essere considerata utile, ed è una questione squisitamente politica. Il punto è che se si vuole votare ad ottobre, o se si vuole il contrario, bisogna deciderlo piuttosto in fretta (ormai è praticamente già luglio), e conviene a tutti indicare in un fatto preciso la causa scatenante di una decisione piuttosto che dell’altra. C’è una sorta di feticismo dell’evento, per cui si carica di importanza questo vertice come se avesse valore assoluto in sé, quando in realtà, pur trattandosi di un incontro importante, esso resta inserito in una serie organica di confronti (di cui questo non sarà certo l’ultimo).

L’accentuazione del carattere dicotomico di questa lettura dell’evento porta anche ad una polarizzazione dei suoi possibili esiti, per cui sono poste due aspettative di massima: il fallimento dell’obiettivo da parte di Monti (un nulla di fatto che potrebbe portare la morte dell’Euro entro tre mesi), oppure il successo (tramite il quale il nostro premier-missionario convincerebbe i tedeschi ad avviare i 130 miliari di euro per la crescita, attivare uno “scudo anti-spread” nel brevissimo periodo e porre le basi per una unione politica e bancaria di tutta l’Europa).

Se porre quest’enfasi riesce bene nell’intento di unire gli italiani nel tifo più sfrenato e nel dare una semplicistica immagine dei buoni e dei cattivi – tedeschi perfetti e italiani beoni, oppure tedeschi sadici e italiani innocenti (a seconda di come la si pensi) – riesce molto meno nel proporre un’analisi composta di ciò che sta accandendo o potrebbe accadere e di cosa, soprattutto, tutto ciò può significare.

L’Europa nel 1848.

La questione, al di là di questi mal assortiti campanilismi, è complessamente semplice (scusate, adoro l’effetto dei paradossi) : la Storia ha già detto che le nazioni europee, se vogliono costruire un progetto a lungo termine realistico, debbono contemplare una politica comune. Ma, sempre la Storia ha altresì detto che nulla avviene per pura concessione (in tal caso saremmo nel campo della teologia) e che la politica ha sempre un ruolo fondamentale nelle scelte. Mi spiego. Così come, oggi, la Francia avrebbe grandi problemi ad accettare un’Europa politicamente unita, perché la concessione di certe sovranità spaccherebbe in due i democratici di Hollande (molti appoggiano la formulazione degaulliana di un’«Europa delle patrie» in cui le nazioni sussistono e sono politicamente indipendenti), allo stesso modo il cancelliere Merker non si può permettere di condividere la sua ricchezza con altri Paesi troppo alla leggera, a meno che non voglia trasformare il suo elettorato nella Lega Lombarda d’Europa (anti-europeista, isolazionista, razzista etc).

Non si tratta di convincere (termine di cui si abusa in proposito) Angela Merkel ad accettare le proposte montiane; si tratta, piuttosto, di costruire proposte accettabili e comprensibili per gli elettori tedeschi, in modo che queste possano porsi in atto senza troppi effetti collaterali. L’alternativa è avere merce di scambio, ma non è questo il caso (anche se la Tobin Tax potrebbe essere una buona carta), oppure andare avanti finché la situazione non sarà tanto grave da investire anche la Germania (ma arrivare fino a quel punto sarebbe controproducente anche per i tedeschi).

Ciò che dobbiamo capire è che certi processi si attivano solo quando la loro necessità si palesa; il cammino che l’Europa ha intrapreso è quello di un’Europa funzionalista (come converrebbe certamente Jean Monnet), in cui le sovranità nazionali vengono superate gradualmente, in base ad accordi di settore: siamo partiti dal carbone e dall’acciaio nel 1951 (Ceca), abbiamo esteso gli accordi a tutta l’economia nel 1957 (Cee), il Consiglio Europeo è nato nel 1974 e l’Euro ha sostituito le vecchie monete nazionali nel 2002. Perché dobbiamo giocare a credere che avverrà tutto in un giorno come in una (e in contemporanea a una) partita di calcio?

Giancarlo Mazzetti

2 pensieri su “Vertice Europeo a Bruxelles: incontro decisivo?

  1. Linguaggio molto forbito, forse eccessivo, senz’altro forzato…
    Il succo di ciò che scrive affoga nella pomposità delle sue parole.

    • Mi perdoni, ma non mi pare di aver usato parole molto forbite. Ad ogni modo, se vuole indicarmi quali sono secondo lei i termini che rendono la mia scrittura forzata e eccessiva, sarò lieto di spiegarle il motivo per cui ho scelto quei termini al posto di altri.

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